Itinerari partigiani. La valle Ellero
ITINERARI PARTIGIANI NEL MONREGALESE
– LA VALLE ELLERO –
NELLA FOTO: IL SANTUARIO DI SANTA LUCIA, UN LUOGO CHIAVE DELLA RESISTENZA
In questa pagina. Itinerari: 6. Da Villavecchia al Santuario di Santa Lucia – 7. Da Prea al Rifugio Margherita – 8. Da Baracco, al Pino, alla Tura, alla Grotta dei partigiani – 9. Da Baracco al Pellone
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Dopo alcuni mesi dalla Battaglia di Pasqua 1944 la Banda della val Pesio si era radunata in montagna ed era cresciuta parecchio, diventando la III Divisione “Alpi” e poi “Gruppo di Divisioni”, arrivando a presidiare anche le valli Ellero e Casotto. Nella lunga estate partigiana del 1944 la formazione comandata dal cap. Piero Cosa aveva controllato e amministrato le valli monregalesi. Verso l’autunno, nel momento di massima espansione, il comando della formazione “Val Ellero” si era spostato da Prea a Roccaforte e chi, in quei mesi, avesse risalito la valle, avrebbe trovato il primo posto di blocco partigiano subito dopo Villanova Mondovì. Allo stesso modo sarebbe stato fermato ai Vigna in Val Pesio, al colle del Mortè, a San Giacomo dell’Alma in Val Maudagna e alla Giacobba per la val Corsaglia. Il Comando dell’intera Divisione, da Rastello si era spostato a Lurisia, utilizzando come sede l’albergo Radium, dove aveva preso vita anche un’emittente partigiana: Radio Alpina. Le “volanti”, gruppi partigiani particolarmente votati all’azione, organizzavano blitz in pianura ed anche in città, per reperire armi e beni di prima necessità e per colpire il nemico. Un esempio: a fine ottobre attaccarono una colonna tedesca in arrivo a Mondovì da Cuneo. Nei pressi di Sant’Anna Avagnina catturarono l’intero reparto con i camion e le attrezzature. I 26 prigionieri furono poi utilizzati per scambi.
Ribelli, preti, suore e ufficiali inglesi
Il Santuario di Santa Lucia, incastonato su un ripido lato della valle poco oltre Villanova Mondovì, ospitò e nascose i capi della Divisione durante i rastrellamenti, fu sede della piccola tipografia partigiana che stampava il giornale “La Rinascita d’Italia”, vide all’opera don Beppe Bruno, cappellano della Divisione e tra i più attivi animatori della Resistenza nel Monregalese.
Santa Lucia fu anche luogo di incontro fra i comandanti partigiani ed ufficiali tedeschi della zona, per organizzare scambi di prigionieri e fissare un modus vivendi che salvaguardasse la vita dei civili. Le suore del Santuario furono attivissime a fianco dei ribelli, impegnate anche nel Servizio X, l’intelligence partigiana. Una di esse, suor Carla De Noni, nel dopoguerra fu decorata con la medaglia d’agento al valor militare.
Sui monti, il grande altopiano della Tura, su un lato di cima Durand, veniva utilizzato per accogliere aviolanci di armi e munizioni. Lassù il Rifugio Mettolo Castellino fungeva da deposito per il materiale aviolanciato e come base per il gruppo di giovani partigiani che si occupavano di raccogliere i container paracadutati.
Le missioni alleate – “Partisan? Partisan?”. “O jez! o jez!”. Ad agosto, insieme alle armi, atterrarono sulla Tura per la prima volta ufficiali inglesi, che si sistemarono al Pino di Baracco, un piccolo villaggio lungo il sentiero che dal fondovalle porta sulla Tura. Da lì fungevano da collegamento, organizzando i lanci. Il primo fu Neville Darewsky, nome in codice “Temple”: un tipo alla mano, popolare fra i ribelli, che dopo qualche tempo fu distaccato tra i partigiani Autonomi delle Langhe, dove perse tragicamente la vita in un incidente. Beppe Fenoglio lo cita nel romanzo “Il partigiano Jonny” e una lapide lo ricorda su una casa del Pino di Baracco. Dopo Temple arrivarono il tenente colonnello Cope, e poi Mac Donald e il tenente di marina Clark… A un certo punto spuntò anche un giornalista, “embedded” diremmo oggi: Paul Morton del Toronto Star. Era accompagnato da un disegnatore di guerra, Geoffrey Long, che lasciò interessanti ritratti di partigiani. Morton, tornato in Canada, non fu creduto e perse il lavoro. Fu riabilitato solo decenni dopo grazie alle testimonianze dei partigiani che avevano scoperto la sua triste e strana vicenda.
Itinerario 6. Da Villavecchia al Santuario di Santa Lucia
Tante volte durante i venti mesi della Resistenza il sentiero che collega Villavecchia al Santuario di Santa Lucia fu utilizzato da don Beppe Bruno, il prete dei ribelli, da suor Carla De Noni, partigiana del servizio X e dalle sue consorelle, o dal parroco di Santa Caterina, don Pietro Servetti, sostenitore dei partigiani. Ce li immaginiamo che lo percorrono trafelati, portando viveri e medicine, o recano informazioni preziose per i comandanti delle formazioni “R” nascosti nel sottotetto del Santuario. Questa passeggiata si può fare in meno di un’ora parcheggiando l’auto nei pressi della cappella di San Rocco (raggiungibile con Google Maps qui). Volendo prolungarla un po’ si può lasciare l’auto anche nel parcheggio della chiesa di San Lorenzo a Villanova Mondovì e poi salire per via Orsi e via Bessone. La cappella di San Rocco è costruita sulle antiche mura dell’antica cittadina. Proseguendo su via Monte Calvario e tenendo a destra si raggiungono in pochi minuti piazza Santa Caterina, con l’omonima chiesa di epoca medievale, l’imponente campanile e gli affreschi quattrocenteschi, di fronte alla ex Confraternita di Santa Croce ora parrocchiale (1755, dell’arch. Bernardo Vittone). Dietro la Confraternita su via Monte Calvario si trovano i piloni con dipinti ottocenteschi delle stazioni della Via Crucis, che conducono fino alla cima del Monte Calvario. Nei pressi della quinta stazione, vicino ad un ripetitore telefonico, imboccare il sentiero che scende a sinistra e conduce rapidamente alla cappella di San Bernardo.
L’edificio si trova vicino a una cava e, nei primi anni 2000 fu letteralmente spostato, con un complicato intervento di salvaguardia, per consentire l’ampiamento della cava. Dietro la cappella è stato realizzato un “belvedere” con vista su Villanova e sulla valle Ellero (non sarebbe male, se non fosse per la cava e per una inestetica rete di sicurezza che impedisce di godersi il panorama senza ostacoli). A destra un piacevole sentiero scende tra il verde del bosco raggiungendo il Santuario di Santa Lucia. Il Santuario è anche raggiungibile in auto. Consigliamo di informarsi sull’orario di apertura per visitare il Santuario, consultabile qui.
Itinerario 7. Dalla base partigiana di Prea al Rifugio Margherita
La borgata occitana di Prea (Comune di Roccaforte) fu base dei patrioti fin dal febbraio 1944 e divenne sede del comando della Brigata “Val Ellero”. Sono individuabili i luoghi utilizzati dai partigiani, segnalati anche da alcuni cartelli indicatori del progetto “La memoria delle Alpi” (che però necessiterebbero di manutenzione e ripristino).
Per raggiungere il tabellone informativo di Prea con Google Maps clicca qui.
Da questo punto, lasciandosi il cimitero sulla destra s’imbocca la strada verso Sant’Anna di Prea, raggiungibile in auto (Google Maps qui). Il piccolo borgo di Sant’Anna fu abbandonato dagli abitanti perché incendiato dai tedeschi durante la guerra, ma conserva un gioiello degno di nota: un piccolo santuario dedicato a S. Anna unico esemplare di barocco francese tra gli edifici sacri del Piemonte.
La chiesa era luogo di sosta e di rifugio per i viandanti, i pastori e i pellegrini. Continuando a piedi la stradina sulla destra del santuario, in 40 minuti si raggiunge il piccolo Rifugio Margherita.
Costruito negli anni ‘30, venne utilizzato come base delle truppe partigiane fin dall’inizio del 1944 e vi soggiornarono anche militari russi, tedeschi e austriaci che erano passati nelle file della Resistenza. Sul finire della guerra venne incendiato e parzialmente distrutto dai nazifascisti. Sul lato opposto della valle si scorge la Tura. Durante i rastrellamenti di fine ‘44 i partigiani rifugiati nella Grotta della Tura, senza essere visti, potevano tenere d’occhio i tedeschi che avevano temporaneamente occupato il “Margherita”. Proseguendo oltre, in pochi minuti si raggiunge Baita Elica luogo ideale per rifocillarsi, alle pendici del monte Pigna e delle piste da sci di Lurisia. Il periodo migliore per questa passeggiata è maggio quando i prati sono pieni di narcisi.
[ Prea a Natale è scenario per un suggestivo presepe vivente ]
Itinerario 8. Da Baracco, al Pino, alla Tura, alla Grotta dei partigiani
Nel dicembre 1944, dopo uno spettacolare lancio di paracadute sulla Tura, imprudentemente organizzato dagli inglesi in pieno giorno e quindi visibile da mezza provincia, i tedeschi organizzarono un rastrellamento in grande stile con lo scopo di distruggere la III Divisione Alpi. Impossibile per i partigiani opporre resistenza di fronte a migliaia di soldati, con carri armati, aerei da ricognizione, artiglieria. I partigiani si radunarono al Mettolo Castellino, nascosero e portarono via più armi possibile e poi fecero saltare il rifugio con tutto ciò che non avevano potuto occultare. Risalirono in colonna verso cima Durand, scesero sul lato opposto e si sparsero in varie baite di pastori.
Poi in molti riuscirono a filtrare verso la pianura e si nascosero nelle cascine o a casa, in attesa di poter tornare in montagna. Il gruppo della Tura però, dovette tornare alla base: il suo comandante, Beppe Milano, iniziò ad accusare forti dolori per un attacco di appendicite. Si nascosero in 19 in una grotta a circa 800 m. dal Rifugio Mettolo, in cui erano già stivate armi e cibo. Vi restarono per 9 giorni, al freddo, sentendo da fuori le grida dei tedeschi che li cercavano con i cani e assistendo il giovane comandante che si aggravava. Con loro anche don Beppe Bruno che riuscì a scendere a valle e a tornare portando medicinali, passando fra le pattuglie tedesche. Infine il comandante fu trasportato di nascosto all’Ospedale di Mondovì dove fu operato, ma era troppo tardi e non sopravvisse.
La grotta dei partigiani si può raggiungere parcheggiando l’auto ad Artesina (Google Maps qui) e risalendo la strada sterrata verso la Tura. Quando è attiva si può usare la seggiovia Castellino che porta nei pressi del ricostruito Rifugio Mettolo Castellino e della Baita della Tura. Da lì si prosegue sotto la costa sul lato destro dell’altopiano fino alla Grotta, indicata da un cartello.
Nella cavità si entra quasi strisciando in quella che sembra “la bocca dentata di una balena”. L’ingresso è in salita e ci si deve chinare per non urtare le sporgenze irregolari. L’interno è un antro circolare con il fondo inclinato verso l’alto e un diametro di una quindicina di metri. Il vertice centrale della calotta è altro circa cinque metri. Ovviamente è buio pesto e serve una torcia.
Si può arrivare sulla Tura anche risalendo da Baracco (m. 884): si parcheggia sul piazzale (si può arrivare e parcheggiare qui con Google Maps, che indica piuttosto bene anche il sentiero per la Tura).
È possibile proseguire in mountain-bike o a piedi: dal piazzale di Baracco si imbocca la strada che passa davanti dell’Albergo, verso sinistra, presso la fontana della borgata e si attraversa, con una serie di tornanti, il castagneto che ricopre il pendio fino alla cima Fornelli, sullo spartiacque con la Valle Maudagna. Superate le case Marzolere si guadagna quota attraverso un faggeto, che termina nei pressi della località Stalle del Pino. Qui è possibile individuare le case abitate dai partigiani e dalle missioni alleate, con lapide in memoria di “Temple”.
Dal Pino la carrareccia prosegue verso le pendici della cima Marzolere, fino a confondersi con un vecchio sentiero, che ripidamente sale sulla sinistra fino a m. 1501. Raggiunta la Colla Celletta si tiene il sentiero di destra che attraversa la Trucca della Tura. Si segue la sua traccia, sempre tenendo la sinistra, che supera tra due rocce il costone e in piano raggiunge il rifugio “Mettolo Castellino” (1741 m.) a lato del Piano della Tura, da dove poi raggiungere la grotta.
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Itinerario 9. Da Baracco al Pellone
La cappella di San Marco al Pellone si trova in uno spartitraffico in mezzo alla strada per Prato Nevoso e Artesina: una sistemazione che non contribuisce molto a valorizzarla e a renderla fruibile. Eppure ha una sua storia antica, fatta di pietà popolare e di processioni da Miroglio. Ci sono anche coloratissimi affreschi, restaurati da Aurelio Cattò negli anni ‘90. Nel 1944 fu al centro di tragiche vicende e di un massacro.
Si può raggiungere partendo da Baracco, scollinando verso la Val Maudagna con un sentiero che veniva usato anche dai partigiani (G12 nella cartina). Giunti sul Colle Friosa, evitare a sinistra il percorso verso la cima e le cave di silicio, e scendere con il sentiero verso il nucleo abbandonato di Case Friosa e poi Case Scarrone, da cui dirigersi verso Case Pellone attraverso i prati o seguendo la strada asfaltata.
Nella zona, vicinissima a Miroglio, sede delle milizie fasciste, operavano i partigiani, anche ospitati dalla famiglia Tassone, che viveva nella piccola borgata a pochi passi dalla cappella. Un giorno di fine gennaio 1944, forse per una delazione, un gruppo di fascisti della zona sorprese i partigiani intenti a mangiare davanti alla cappella: ne uccisero undici, lasciandoli quasi a galleggiare nel loro sangue. Il massacro continuò anche all’interno: dalla porta colavano rivoli di sangue. Nelle gavette, ancora il cibo consumato a metà. Gli abitanti dei dintorni poco dopo portarono tutti i morti nella cappella e poi don Beppe Bruno il “prete dei ribelli” provvide alle sepolture. Per quest’opera pietosa alcuni valligiani furono portati dai fascisti a Ceva e interrogati per giorni.
Le fonti – Per approfondire. Itinerari partigiani in valle Ellero
“Il prete dei ribelli”, Albino Morandini – Ed. CEM Mondovì
“I sentieri della Libertà in provincia di Cuneo – Memoria delle Alpi”, Piermario Bologna, Istituto Storico della Resistenza
“Resistenza svelata. L’agente segreto suor Carla De Noni”, Daniele La Corte – Ed. Fusta Saluzzo
“Le formazioni “R” nella lotta di liberazione” di Giovenale Giaccardi,
“Missione Inside – Fra i partigiani del Nord Italia”. Paul Morton, disegni di Geoffrey Long. Ed. L’Arciere.
“Inappropriate Conduct – The Mystery of a ‘Disgraced’ War Currespondent” – Don North, sulla vicenda di Paul Morton. Un estratto qui
Istituto Storico della Resistenza e della Società contemporanea della Provincia di Cuneo
Per informazioni su Roccaforte visita il sito dell’associazione KYE+,